La storia di Maria

 

E se fosse, un sentiero che conduce… E se fosse, uno strumento per accomunare… Ma no, è solo un gioiello.

E allora perché sembra richiamare, più che mostrare. Perché riesce ad attraversare gli sguardi, a catturare, non per trattenere, ma per donare. Ma no, è solo un gioiello.

Questo legame oltrepassa la comprensione, perché c’è poco da comprendere, ma tanto da imparare, osservando, in silenzio, come si fa con le libellule. Nella loro apparente fragilità, si nasconde una forza e un coraggio a cui gli antichi samurai attingevano prima delle loro battaglie.

Questi combattenti, sui loro elmi non volevano draghi, leoni, ma libellule, perché le libellule vanno sempre avanti e non retrocedono…Mai.

Dove danzano questi insetti, dalla forza pari all’eleganza, è proprio allora, dice un poeta giapponese, che dovunque “si vede un gioco muto di lampi fatati, esplosioni di colore che si incrociano di continuo, come una tessitura di incanti interminabili sulla superficie della terra”.

Ma no, è solo un gioiello, è solo un insetto, vi diranno. Perché non a tutti è dato sapere o è dato intravedere cosa si cela dentro quella “tessitura di incanti”.

Maria ha la fibrosi cistica, ma non è la malattia che la lega a Eleonora. È l’amore per le interminabili continuazioni della vita, che Maria legge nei gioielli MEG, dopo averli visti su Instagram. Solo in un secondo momento scoprirà quel dettaglio in comune, quello che per loro resterà sempre e soltanto un dettaglio, se paragonato alla necessità di vivere e di volteggiare, perché nessuna di loro è disposta a volare basso, raso terra.

Entrambe sono decise a inseguire quel respiro che si nasconde dietro a ogni lampo di luce. Maria descrive la sensazione dopo aver visto un gioiello MEG, come un colpo di fulmine, lo stesso avuto tra lei e la sua ideatrice: “E’ stata una questione di chimica, l’ho trovata molto simile a me, ricordo che ero emozionata perché finalmente avrei visto dal vivo quei gioielli, e avrei conosciuto la persona che stava dietro a quei gioielli”.

Da quel giorno, da quel primo incontro, “Ogni volta che vivo un momento importante, indosso sempre un gioiello MEG. Ci sono delle cose che sento mie, che fanno parte del mio essere, e questi gioielli mi descrivono. Mi ci posso specchiare, riflettono me stessa, sono semplici e complessi allo stesso tempo, come me. Fuori vedi la semplicità, ma dentro è una terza guerra mondiale.

La patologia non è facile da gestire, da vivere, i pensieri che si incastrano diventano preoccupazione, ma poi, senza saperlo, il nodo si scioglie e viene fuori la luce”. Maria non attacca frontalmente la sua malattia, ma la studia, la analizza, la comprende. Diventa un tecnico di laboratorio e sceglie di non essere rancorosa nei suoi confronti, ma di affrontarla come si fa con la natura che cambia e, in qualche modo, di celebrarla anche. Così, quando arriva il momento di raccontare la storia dell’ente per cui lavora, in una serata a Teatro, Maria non può che chiedere un gioiello a MEG.

“Io non ho bisogno di darle troppe indicazioni, lei riesce a rendermi felice. Centra tutto, dalla forma alla dimensione, passando per il colore”. Mentre la intervisto, capisco che Maria non ha solo un gioiello, ne ha davvero tanti e quando le chiedo di farmeli vedere, li mette in fila, e sembra proprio una bambina felice di mostrarmi il suo mondo intimo, fatto di intrecci che spesso diventano vortici, tra colori e luce. Otto paia di orecchini, la collana, la pochette, il portafoglio…il secchiello. I suoi contapassi nella vita sono i gioielli MEG, che Maria indossa, nei suoi momenti più importanti, perché sa, come sapevano i samurai, che la aiuteranno a non retrocedere mai.

Maria va avanti, non lascia indietro, custodisce chi cura e chi ha cura di lei, senza accudimenti, ma con gentilezza... E aggiunge: “La vita ha saputo ripagarmi” , ma lasciatemi dire che la vita l’ha ripagata perché lei non l’ha mai rinnegata, nemmeno nei momenti peggiori. “Se dovessi rinascere, rinasco orecchino MEG” , e così, dopo un’intervista da pelle d’oca, ridiamo entrambe, perché Maria è così, vola dal pianto al riso, ti passa di fianco e ti trascina con sé.

Sorrido come quando me lo ha detto la prima volta… “Se dovessi rinascere, rinasco orecchino MEG. Gli intrecci, hanno geometrie bellissime, se da lontano colpisce la semplicità, da vicino si rimane incantati dai dettagli. Quei nodi rappresentano il pensiero complicato che si incastra, torna su e riaffiora. Quando scopri tutto questo e lo guardi, ti devi un pochino allontanare, ma nonostante pensi che sia un bel casino, senti che è davvero un bel casino”.

Maria sa già come vorrà i prossimi orecchini: non dovranno essere creati per nessuna occasione in particolare: “Mi viene in mente una serata estiva, in cui ho un bel vestito, e li vorrei colorati, luminosi, allegri, come la collezione Amazzonia. Quel giorno, vorrei provare serenità, gioia, soddisfazione di stare bene con me stessa, ma più di tutte, vorrei provare la…risolutezza. Ho avuto troppe montagne russe per tutta la vita, con infiniti alti e bassi. Con i prossimi orecchini MEG vorrei provare la risolutezza e la quiete. Esattamente come quando sai che cosa vuoi, ma soprattutto, ciò che sei”.

Come il filo scarlatto della tela di ragno, il lampo delle libellule. Lafcadio Hearn

 

Elena Mascia, Tu racconti, io scrivo x MEG Jewels.

 

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Storie d'Atelier è un progetto di MEG Jewels, ideato per regalarvi alcune delle vostre storie, racchiuse in un racconto intimo.

L'elaborazione dei racconti è affidata alle mani di una professionista della comunicazione empatica, Elena Mascia, con il suo Tu racconti, io scrivo.

Sono viaggi emozionali che partono da un gioiello per svelarne un mondo unico e autentico: il Vostro.

 

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1 commento

Che bella storia! Complimenti all’autrice e all’intervistata ❤️… E, soprattutto, all’artigiana!

Chiara

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